Follemente
Ho imparato a fare giochi di prestigio.
Il mondo mi è sembrato fuori misura da subito, come se qualcuno m’avesse recapitato per sbaglio in un luogo giusto solo per altri.
Finché eravamo in tanti, piccoli ed indifesi, a divertirci facendo l’unica cosa per cui ci sembrava essere nati, tutto era perfetto anche per me.
Poi, i piccoli ed indifesi, si sono trasformati e io sono rimasto l’unico nel mio mondo dei grandi. Ma già sentivo il cuore diverso, che mi parlava di cose da uomini, grandi imprese, amori romantici.
Tutto ancora fuori misura, tutto sempre fuori portata.
Senza bacchetta e cappello è iniziata la mia magia.
Ho fatto parlare i muti, stremandoli con domande banali, a cui non servivano risposte ma solo attenzioni rivolte a me.
Mi sono fatto notare e con questo trucco, hanno smesso di essere muti e poi sordi e ciechi, di guardare sempre sopra di me, oltre me, altro da me.
Eppure faccio ridere io, lo so, li vedo i visi per strada, sono contento per carità e sorrido anche, ma ancora non ho capito perché. Non ho capito cosa faccia ridere ma neanche cosa esattamente faccia piangere.
È stata dura far capire al mondo che non sono un pagliaccio, non sono un bambino, non sono cattivo, non sono malato, non sono incapace, non sono strano.
Sono un mago io e faccio magie.
Trasformo le cose e semplifico la vita, so renderla piccola abbastanza per farla stare tutta dentro i miei occhi, dentro il mio cuore, dentro le mie mani.
E per il resto vivo, follemente.