Legami
“Legami” ti ho scritto.
Hai preso una corda, la più resistente ed hai iniziato a fare prove di nodi abbastanza aggrovigliati.
Io ti guardavo in silenzio, affascinata dal malinteso in cui eri caduto senza esitare per un attimo.
Non mi hai chiesto nemmeno se ero sicura,
neanche sul nodo hai voluto consigli.
Hai fatto tutto tu.
Sembravi persino stanco tanto t’eri messo d’impegno.
Sono rimasta ferma e ti ho guardato negli occhi.
Da dove vuoi che inizi?
Ecco, finalmente una domanda.
Da dove vuoi che inizi? Mi hai detto.
Dalla testa magari, imbroglio i pensieri uno dopo l’altro, che si sovrappongano e si confondano, perchè la confusione illude di libertà ma è solo assenza di idee. Così rimarrai là, immobile e non saprai che dire o cosa fare, mi guarderai bisognosa di un buon consiglio e io ti offrirò i miei modi, le mie regole.
Poi il tuo corpo.
Lunghi giri di corda ti circonderanno,
io ne terrò il capo tra le mani, l’altro lo terrai tu, che sarai complice di questo gioco e artefice del tuo destino.
Quando tirerò la corda tu girerai come una trattola
e sarai nuda per me, solo per me.
Deciderò io quando rivestirti.
È il mio gioco d’altronde.
Poi ti legherò le mani.
Non stringerò troppo.
Dovrai sentirti abbastanza libera di fare le cose che ti chiederò di fare, che a quel punto ti sembreranno le migliori o quantomeno le uniche possibili.
I piedi potranno fare tutti i passi necessari per muoverti in casa. Lo so, dovrai pur uscire ogni tanto.
Ma a quel punto sarai talmente abituata alla tua corda, che sarai la prima a voler tornare aggrovigliata.
Mi sono alzata.
Ho sorriso d’amarezza e poi di gioia.
Nel tiro alla fune non sono brava, tu sei più forte, lo sai. Resisto appena qualche secondo.
Quello è il tuo gioco.
Ma sono brava con le parole. Per questo ti parlavo di LEGÀMI.
Legata a te.
Da te no.
Nell’imbroglio ci sei finito tu e sono le mie parole ad inchiodarti sulla sedia ora.
Ecco.
Pugno.
Riprendi fiato.
Riprendo vita.